Un santo per i migranti

Giovanni Battista Scalabrini, il vescovo che lottò contro miseria e sfruttamento

«Ho visitato popolose città e collettività nascenti, campi fecondati dal lavoro e immensi piani non tocchi dalla mano dell’uomo, ho conosciuto emigranti che avevano toccato il fastigio della ricchezza, altri che vivevano nell’agiatezza, e più l’oscura immensa falange dei miseri, che lottano perla vita contro i pericoli del deserto, le insidie dei climi malsani, contro la rapacità umana, soli in un supremo abbandono, nell’inopia di tutti i conforti religiosi e civili e di ogni cosa; ho sentito i cuori palpitare all’unisono col mio». Domenica mattina, a San Pietro, centodiciassette anni dopo avere inviato a Papa Pio X il suo straordinario «Memoriale per la costituzione di una commissione pontificia Pro emigratis catholicis» del 1905 col racconto di alcuni dei suoi viaggi tra gli italiani sparsi per il pianeta, Giovanni Battista Scalabrini diventerà santo. Giusto giusto ora che torna a infiammarsi il tema dell’immigrazione e del «blocco navale» invocato dalla destra? Sospetti insensati: la beatificazione del vescovo di Piacenza, noto nel mondo per aver fondato le congregazioni dei missionari «scalabriniani» ed esser stato forse il primo ad avere un’idea lucida e globale del fenomeno, fu celebrata nel 1997 da Papa Wojtyla e già da decenni «L’Osservatore Romano» dedicava all’«Apostolo degli Emigranti» pagine di ammirata devozione. Ma certo un figlio di emigrati come Papa Francesco proverà domenica un’emozione in più. Il nuovo santo fu infatti tra i primi a teorizzare, come dimostra un passaggio nell’Antologia: una voce viva (scalabriniani.org/ giovanni-battista-scalabriniscritti), il «diritto naturale» degli uomini all’emigrazione. Una tesi cantata a fine Ottocento anche da anarchici come Francesco Bertelli («La casa è di chi l’abita/ è un vile chi lo ignora/ il tempo è dei filosofi/ la terrà a chi lavora»), ma forse mai riassunta con la profondità e la fede del vescovo emiliano. Parlava dei «nostri» emigrati. Ce l’aveva con chi si metteva di traverso al sogno di «catàr fortuna» altrove come i poveri cristi affollati alla stazione di Milano: «Sulle loro facce abbronzate dal sole, solcate dalle rughe precoci che suole imprimervi la privazione, traspariva il tumulto degli affetti che agitavano in quel momento il loro cuore. Erano vecchi curvati dall’età e dalle fatiche, uomini nel fiore della virilità, donne che si traevano dietro o portavano in collo i loro bambini, fanciulli e giovanette tutti affratellati da un solo pensiero (…) e aspettavano con trepidazione che la vaporiera li portasse sulle sponde del Mediterraneo o di là nelle lontane Americhe». Ce l’aveva coi proprietari terrieri «impensieriti da questo repentino impoverimento di braccia, che si traduce in un adeguato aumento di mercedi per quelli che restano» e levavano «i loro lagni al governo» per ottenere provvedimenti «per sanare e circoscrivere questo morbo morale, questa diserzione, che spoglia il paese di braccia e di capitali fruttiferi». Richieste inaccettabili, per lui. Bloccando l’emigrazione «si viola un sacro diritto umano» poiché «i diritti dell’uomo sono inalienabili e quindi l’uomo può andare a cercare il suo benessere ove più gli talenti». Non bastasse, sosteneva, «l’emigrazione, forza centrifuga, può diventare, quando sia ben diretta, una forza centripeta potentissima» capace di «immenso profitto». Tesi che nel 1901, due anni dopo il linciaggio di undici italiani a Tallulah, in Louisiana, aveva espresso anche a Theodore Roosevelt: l’immigrazione era una risorsa straordinaria, un vero dono per un Paese che stava crescendo come gli Usa. Nato a Fino Mornasco nel 1839 in una famiglia molto cattolica, «candidato al sacerdozio» fin da giovanissimo, seminario frequentato negli anni del Risorgimento al punto di lasciare in lui qualche difficoltà, come scriverà lo storico Matteo Sanfilippo, nel «bilanciare appartenenza nazionale e appartenenza religiosa», sacerdote a 24 anni col «sogno di andare nelle Indie per evangelizzare gli infedeli» (copyright di Graziano Battistella nella biografia Scalabrini vescovo fondatore) ma trattenuto dal vescovo di Como con la nomina a professore e vicerettore (poi rettore), vescovo di Piacenza a 36, riuscì a farsi amare come pochi altri con gesti passati alla leggenda. Riassunti nel 1980 da Raimondo Manzini, sull’«Osservatore Romano», in poche righe: «Vendette la pariglia (allora si andava con i cavalli e non coi cavalli a motore) dicendo che il vescovo può benissimo andare a piedi; alienò il calice d’oro per sostituirlo con uno di stagno o di ottone, vendette le pietre della sua croce per riscattare alla povera gente i pegni del Monte di Pietà. Se va avanti così morirà sulla paglia, gli disse un familiare. Sarebbe poco male, rispose il vescovo, dato che sulla paglia Cristo ha voluto nascere». Va da sé che nel mondo sofferente dell’emigrazione italiana riuscì a toccare il cuore di tutti. Certo, non fu l’unica figura di spicco tra i nostri missionari oltre oceano. Basti ricordare la lodigiana Francesca Cabrini, infaticabile fondatrice delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù e canonizzata nel 1946 come prima santa statunitense, patrona degli emigranti. O la mitica Maria Rosa Segale, portata in America quando aveva quattro anni, diventata celeberrima come suor Blandina nell’estremo Far West (i giornali dell’epoca le dedicarono indimenticabili ritratti) per avere fermato all’ingresso del paese di Trinidad, in Colorado, un Billy the Kid furioso e deciso a fare una strage. Forse nessuno però, con l’amico Geremia Bonomelli vescovo di Cremona, ha pesato tanto nella storia della nostra emigrazione. A partire dall’insistenza sulla necessità che lo Stato italiano, distratto se non indifferente (a parte l’imposizione del servizio di leva) si facesse carico del problema. E dalla battaglia nel 1888 contro una proposta di legge che, citiamo ancora Manzini, «sanciva la concessione ai cosiddetti agenti di emigrazione di fare arruolamenti, il che voleva dire legalizzare la piaga dei cosiddetti procacciatori, i quali ingaggiavano, facendo loro pagare tassi esosi ed esponendoli a condizioni miserevoli, a situazioni proibitive e a un insieme di pericoli, quei lavoratori agricoli e industriali, che cercavano il pane oltre i confini della Patria». Pane che, scrisse il vescovo piacentino citando Dante, sapeva di sale ed era «bagnato dalle lacrime». La perse, Scalabrini, quella battaglia. Ma aveva ragione lui. E tredici anni dopo governo e Parlamento furono costretti a fare retromarcia ammettendo nella relazione a una nuova legge: «Errammo tutti nel 1888 e non abbiamo allora compreso che occorrevano provvedimenti in materia economica e sociale; non soltanto o principalmente di polizia: ciò che si deve cercare è l’inviolabilità della persona dell’emigrante, esposto a tante offese, a tanti patimenti; sinora e troppo spesso l’emigrante fu il mezzo o lo strumento per arricchire coloro che si trovavano accanto a lui col pretesto di rendergli un servizio». Parole che sembrano scritte ieri mattina contro i trafficanti libici, gli affittacamere abusivi che ammucchiano immigrati in fetide topaie, gli immondi gangster del caporalato che approfittano di uomini e donne i quali, direbbe san Giovanni Battista Scalabrini, «tratti (quaggiù) da vane speranze o da false promesse, trovarono un’iliade di guai, l’abbandono, la fame, e non di rado la morte, ove credettero di trovare un paradiso». Corriere della sera


El apóstol de los trabajadores obligados a abandonar su patria será canonizado el domingo en San Pedro

Un santo para los emigrantes

Giovanni Battista Scalabrini, el obispo que luchó contra la miseria y la explotación

ESP- “He visitado ciudades populosas y comunidades incipientes, campos fecundados por el trabajo e inmensas llanuras no tocadas por la mano del hombre, he conocido a emigrantes que habían tocado el esplendor de la riqueza, a otros que vivían en la opulencia, y además la inmensa y oscura falange de los desdichados, luchando por su vida contra los peligros del desierto, los escollos de los climas malsanos, contra la rapacidad humana, solos en el supremo abandono, en la inopia de todas las comodidades religiosas y civiles y de todo; Sentí que los corazones palpitaban al unísono con los míos”. El domingo por la mañana, en San Pedro, ciento diecisiete años después de haber enviado al Papa Pío X su extraordinario “Memoriale per la costituzione di una commissione pontificia Pro emigratis catholicis” de 1905 con el relato de algunos de sus viajes entre los italianos dispersos por el planeta, Giovanni Battista Scalabrini se convertirá en santo. ¿Justo ahora que el tema de la inmigración y el “bloqueo naval” invocado por la derecha vuelve a resurgir? Sospechas poco razonables: la beatificación del obispo de Piacenza, conocido en todo el mundo por haber fundado las congregaciones de los misioneros “Scalabriniani” y por haber sido quizás el primero en tener una idea lúcida y global del fenómeno, fue celebrada en 1997 por el Papa Wojtyla y durante décadas “L’Osservatore Romano” ya había dedicado páginas de admiración al “Apóstol de los Emigrantes”. Pero ciertamente un hijo de emigrantes como el Papa Francisco sentirá una emoción extra el domingo. De hecho, el nuevo santo fue uno de los primeros en teorizar, como muestra un pasaje de la Antología: una voz viva (scalabriniani.org/ giovanni-battista-scalabriniscritti), el “derecho natural” de los hombres a emigrar. Una tesis también cantada a finales del siglo XIX por anarquistas como Francesco Bertelli (“La casa es de quien la habita/ es un cobarde quien la ignora/ el tiempo es de los filósofos/ lo guardará para los que trabajan”), pero quizá nunca resumida con la profundidad y la fe del obispo emilianense. Habló de “nuestros” emigrantes. Se enfadaba con los que daban la espalda al sueño de “hacer fortuna” en otro lugar, como los pobres cristianos que se agolpaban en la estación de Milán: “En sus rostros curtidos por el sol, surcados por las precoces arrugas que la privación imprime en ellos, brillaba el tumulto de los afectos que agitaban sus corazones en aquel momento. Eran ancianos encorvados por la edad y la fatiga, hombres en la flor de la edad, mujeres que se llevaban a sí mismas o a sus hijos al cuello, niños y niñas, todos unidos por un mismo pensamiento (…) y esperando ansiosamente el vapor que los llevara a las costas del Mediterráneo o más allá, a las lejanas Américas. La tenía tomada con los terratenientes que se veían “molestados por este súbito empobrecimiento de los brazos, que se traduce en un aumento adecuado de los salarios de los que se quedan” y elevaron “sus quejas al gobierno” para obtener medidas “que curen y circunscriban esta enfermedad moral, esta deserción, que despoja al país de brazos y de capital fructífero”. Exigencias inaceptables, para él. Bloquear la emigración “viola un derecho humano sagrado”, ya que “los derechos del hombre son inalienables y, por lo tanto, el hombre puede ir a buscar su bienestar allí donde tenga más talento”. No es suficiente, argumentó, “la emigración, una fuerza centrífuga, puede convertirse, cuando está bien dirigida, en una poderosa fuerza centrípeta” capaz de “obtener inmensos beneficios”. Una tesis que en 1901, dos años después del linchamiento de once italianos en Tallulah, Luisiana, había expresado también a Theodore Roosevelt: la inmigración era un recurso extraordinario, un verdadero regalo para un país en crecimiento como los Estados Unidos. Nacido en Fino Mornasco en 1839 en el seno de una familia muy católica, fue “candidato al sacerdocio” desde muy joven, seminario al que asistió durante los años del Risorgimento, hasta el punto de tener cierta dificultad, como escribió el historiador Matteo Sanfilippo, para “equilibrar la pertenencia nacional y religiosa”, Sacerdote a los 24 años con el “sueño de ir a las Indias a evangelizar a los infieles” (copyright de Graziano Battistella en su biografía Scalabrini, obispo fundador) pero frenado por el obispo de Como con el nombramiento de profesor y vicerrector (más tarde rector), obispo de Piacenza a los 36 años, consiguió hacerse querer como pocos con gestos que han pasado a la leyenda. Resumido en 1980 por Raimondo Manzini, en el “Osservatore Romano”, en unas pocas líneas: “Vendió la pariglia (en aquella época se iba con caballos y no con caballos de motor) diciendo que el obispo podía ir muy bien a pie; enajenó el cáliz de oro para sustituirlo por uno de estaño o de latón, vendió las piedras de su cruz para redimir los peones del Monte di Pietà a los pobres. Si sigue así, morirá en la paja, le dijo un familiar. Poco daño haría, respondió el obispo, ya que en la paja quiso nacer Cristo’. Ni que decir tiene que en el sufrido mundo de la emigración italiana consiguió llegar al corazón de todos.
Por supuesto, no fue la única figura destacada entre nuestros misioneros en el extranjero. Baste recordar a Francesca Cabrini de Lodi, incansable fundadora de las Misioneras del Sagrado Corazón de Jesús y canonizada en 1946 como primera santa americana, patrona de los emigrantes. O la mítica María Rosa Segale, traída a América con cuatro años, que se hizo famosa como Sor Blandina en el extremo del Far West (los periódicos de la época le dedicaron inolvidables retratos) por haber detenido a un furioso Billy el Niño a la entrada del pueblo de Trinidad, en Colorado, que estaba decidido a hacer una masacre. Sin embargo, quizá nadie, con su amigo Geremia Bonomelli, obispo de Cremona, haya tenido tanto peso en la historia de nuestra emigración. Empezando por su insistencia en la necesidad de que el Estado italiano, distraído si no indiferente (aparte de la imposición del servicio militar obligatorio) se haga cargo del problema. Y de la batalla en 1888 contra un proyecto de ley que, volvemos a citar a Manzini, “sancionaba la concesión a los llamados agentes de la emigración para hacer las inscripciones, lo que significaba legalizar el azote de los llamados alcahuetes, que contrataban, cobrándoles tarifas exorbitantes y exponiéndolos a condiciones miserables, situaciones prohibitivas y toda una serie de peligros, a aquellos trabajadores agrícolas e industriales que buscaban el pan más allá de las fronteras de la patria”. Un pan que, según escribió el obispo de Piacenza citando a Dante, sabía a sal y estaba “mojado de lágrimas”. Lo perdió, Scalabrini, esa batalla. Pero tenía razón. Y trece años más tarde, el Gobierno y el Parlamento se vieron obligados a dar marcha atrás, admitiendo en su informe sobre una nueva ley: “Todos nos equivocamos en 1888 y no comprendimos entonces que era necesario tomar medidas en materia económica y social; no sólo ni principalmente en materia policial: lo que hay que buscar es la inviolabilidad de la persona del emigrante, expuesta a tantos delitos, a tantos sufrimientos; hasta ahora y con demasiada frecuencia el emigrante ha sido el medio o el instrumento para enriquecer a quienes han estado cerca de él con el pretexto de prestarle un servicio”. Palabras que parecen haber sido escritas ayer por la mañana contra los traficantes libios, los propietarios no autorizados que arrean a los inmigrantes en fétidas barriadas, los sucios gánsteres del “caporalato” que se aprovechan de hombres y mujeres que, en palabras de San Juan Bautista Scalabrini, “atraídos (aquí) por vanas esperanzas o falsas promesas, encontraron una horda de problemas, abandono, hambre y no pocas veces la muerte, donde creían encontrar el paraíso”.


The apostle of workers forced to leave their homeland will be canonized at St. Peter’s on Sunday

A saint for migrants

John Baptist Scalabrini, the bishop who fought against misery and exploitation

ENG- “I visited populous cities and fledgling collectivities, fields fertilized by labor and immense plains untouched by the hand of man, met emigrants who had touched the pomp of wealth, others who lived in affluence, and more the dark immense phalanx of the wretched, struggling for their lives against the dangers of the desert, the pitfalls of unhealthy climates, against human rapacity, alone in supreme abandonment, in the inopia of all religious and civil comforts and everything; I felt hearts throbbing in unison with my own.” On Sunday morning, at St. Peter’s, one hundred and seventeen years after sending Pope Pius X his extraordinary 1905 “Memoriale per la costituzione di una commissione pontificia Pro emigratis catholicis” with an account of some of his travels among the Italians scattered across the planet, Giovanni Battista Scalabrini will become a saint. Just right now that the issue of immigration and the “naval blockade” invoked by the right is flaring up again? Nonsensical suspicions: the beatification of the bishop of Piacenza, known worldwide for having founded the congregations of “Scalabrini” missionaries and having been perhaps the first to have a lucid and global idea of the phenomenon, was celebrated in 1997 by Pope Wojtyla and already for decades “L’Osservatore Romano” dedicated pages of admiring devotion to the “Apostle of Emigrants.” But certainly a son of emigrants like Pope Francis will feel an extra emotion on Sunday. Indeed, the new saint was among the first to theorize, as a passage in the Anthology: a living voice (scalabriniani.org/ giovanni-battista-scalabriniscritti) shows, the “natural right” of men to emigrate. A thesis also sung at the end of the 19th century by anarchists such as Francesco Bertelli (“The house belongs to those who inhabit it/ it is a coward who ignores it/ time belongs to philosophers/ it will hold it for those who work”), but perhaps never summarized with the depth and faith of the Emilian bishop. He was talking about “our” emigrants. He was angry with those who put themselves sideways to the dream of “catàr fortuna” elsewhere like the poor christians crowded at the Milan station: “On their faces tanned by the sun, furrowed by the precocious wrinkles that deprivation imprints on them, transpired the tumult of the affections that stirred their hearts at that moment. They were old men bent by age and labors, men in the flower of manhood, women pulling themselves behind or carrying their children on their necks, boys and young girls all affracted by a single thought (…) and eagerly waiting for the steamer to take them to the shores of the Mediterranean or thence to the distant Americas.” He resented the landowners “who are impatient with this sudden impoverishment of arms, which translates into an adequate increase in mercedes for those who remain,” and raise “their laments to the government” to obtain measures “to heal and circumscribe this moral disease, this desertion, which strips the country of arms and fruitful capital.” Unacceptable demands, to him. Blocking emigration “violates a sacred human right” since “the rights of man are inalienable and therefore man can go and seek his welfare where he is most talented.” Not enough, he argued, “emigration, a centrifugal force, can become, when well directed, a most powerful centripetal force” capable of “immense profit.” A thesis that in 1901, two years after the lynching of eleven Italians in Tallulah, Louisiana, he had also expressed to Theodore Roosevelt: immigration was an extraordinary resource, a true gift for a growing country like the U.S. Born in Fino Mornasco in 1839 into a very Catholic family, “candidate for the priesthood” from a very young age, attended seminary during the years of the Risorgimento to the point of leaving him with some difficulty, as historian Matteo Sanfilippo would write, in “balancing national and religious affiliation.” a priest at 24 with a “dream of going to the Indies to evangelize the infidels” (copyright by Graziano Battistella in the biography Scalabrini founding bishop) but held back by the bishop of Como by appointment as professor and vice-rector (later rector), bishop of Piacenza at 36, he managed to make himself loved like few others with gestures that have passed into legend. Summarized in 1980 by Raimondo Manzini, in the “Osservatore Romano,” in a few lines: “He sold the pariglia (people went with horses then, not motor horses) saying that the bishop may as well go on foot; he alienated the gold chalice to replace it with one made of tin or brass; he sold the stones of his cross to redeem to the poor people the pledges of the Mount of Mercy. If it goes on like this he will die on the straw, a family member told him. It would be little harm, replied the bishop, since on the straw Christ wanted to be born.” It goes without saying that in the suffering world of Italian emigration he managed to touch everyone’s heart.
Of course, he was not the only outstanding figure among our missionaries overseas. Suffice it to recall Lodi’s Francesca Cabrini, tireless founder of the Missionaries of the Sacred Heart of Jesus and canonized in 1946 as the first U.S. saint and patroness of emigrants. Or the legendary Maria Rosa Segale, brought to America when she was four years old, who became famous as Sister Blandina in the extreme Far West (newspapers of the time dedicated unforgettable portraits to her) for having stopped a rampaging Billy the Kid determined to make a killing at the entrance to the town of Trinidad, Colorado. Perhaps no one, however, with his friend Geremia Bonomelli bishop of Cremona, has weighed so heavily in the history of our emigration. Starting with his insistence on the need for the Italian state, distracted if not indifferent (apart from the imposition of conscription) to take charge of the problem. And from the battle in 1888 against a bill that, we quote Manzini again, “sanctioned the concession to the so-called emigration agents to make enlistments, which meant legalizing the scourge of the so-called procurers, who hired, charging them exorbitant rates and exposing them to miserable conditions, prohibitive situations and a combination of dangers, those agricultural and industrial workers, who sought bread beyond the borders of the Homeland.” Bread that, the Piacenza bishop wrote, quoting Dante, tasted like salt and was “wet with tears.” He lost it, Scalabrini, that battle. But he was right. And thirteen years later the government and Parliament were forced to backtrack by admitting in the report to a new law, “We all erred in 1888 and did not then understand that measures were needed in economic and social matters; not only or mainly police: what must be sought is the inviolability of the person of the emigrant, exposed to so many offenses, to so many sufferings; up to now and too often the emigrant has been the means or the instrument to enrich those who stood beside him under the pretext of rendering him a service.” Words that seem to have been written yesterday morning against Libyan traffickers, the abusive landlords who herd immigrants into fetid slums, the filthy gangsters of caporalato who take advantage of men and women who, St. John Baptist Scalabrini would say, “drawn (down here) by vain hopes or false promises, found an hilarity of troubles, abandonment, hunger, and not infrequently death, where they believed they would find paradise.”


O apóstolo dos trabalhadores forçados a deixar sua pátria será canonizado em São Pedro no domingo

Um santo para migrantes

Giovanni Battista Scalabrini, o bispo que lutou contra a miséria e a exploração

POR- “Já visitei cidades populosas e comunidades de calouros, campos fertilizados pelo trabalho e imensas planícies intocadas pela mão do homem, conheci emigrantes que haviam tocado o esplendor da riqueza, outros que viviam em abundância e, além disso, a imensa falange escura dos miseráveis, lutando por suas vidas contra os perigos do deserto, as armadilhas dos climas insalubres, contra a rapacidade humana, sozinhos no supremo abandono, na inopia de todos os confortos religiosos e civis e tudo mais; Eu senti os corações palpitando em uníssono com os meus”. No domingo de manhã, em São Pedro, cento e dezessete anos depois de ter enviado ao Papa Pio X seu extraordinário “Memoriale per la costituzione di una commissione pontificia Pro emigratis catholicis” (1905) com um relato de algumas de suas viagens entre os italianos espalhados pelo planeta, Giovanni Battista Scalabrini se tornará um santo. Agora mesmo que o tema da imigração e do “bloqueio naval” invocado pela Direita está de novo em chamas? Suspeitas irracionais: a beatificação do bispo de Piacenza, conhecido em todo o mundo por ter fundado as congregações dos missionários ‘Scalabriniani’ e por ter sido talvez o primeiro a ter uma idéia lúcida e global do fenômeno, foi celebrada em 1997 pelo Papa Wojtyla e durante décadas ‘L’Osservatore Romano’ já havia dedicado páginas de admiração à devoção ao ‘Apóstolo dos Emigrantes’. Mas certamente um filho de emigrantes como o Papa Francisco sentirá uma emoção a mais no domingo. O novo santo estava de fato entre os primeiros a teorizar, como mostra uma passagem da Antologia: uma voz viva (scalabriniani.org/ giovanni-battista-scalabriniscritti), o “direito natural” do homem de emigrar. Uma tese também cantada no final do século XIX por anarquistas como Francesco Bertelli (“A casa pertence àqueles que a habitam/ aquele que a ignora é um covarde/ o tempo pertence aos filósofos/ aquele que trabalha a manterá”), mas talvez nunca resumida com a profundidade e a fé do bispo emiliano. Ele falou de “nossos” emigrantes. Ele ficou furioso com aqueles que viraram as costas para o sonho de ‘fazer fortuna’ em outro lugar, como os pobres cristãos lotados na estação de Milão: ‘Em seus rostos bronzeados pelo sol, sulcados pelas rugas precoces que a privação lhes imprime, brilhava o tumulto dos afetos que agitavam seus corações naquele momento. Eram homens velhos dobrados com a idade e o cansaço, homens no auge de sua masculinidade, mulheres que se carregavam ou seus filhos no pescoço, meninos e meninas, todos unidos por um único pensamento (…) e esperando ansiosamente que o vapor os levasse para as margens do Mediterrâneo ou mais além, para as distantes Américas. Ele o tinha para os proprietários de terras que estavam “incomodados com este súbito empobrecimento das armas, que se traduz em um aumento adequado dos salários para aqueles que permanecem” e levantou “suas queixas ao governo” para obter medidas “para curar e circunscrever esta doença moral, esta deserção, que despoja o país de armas e capital frutífero”. Exigências inaceitáveis, para ele. Bloquear a emigração ‘viola um direito humano sagrado’, já que ‘os direitos do homem são inalienáveis e, portanto, o homem pode ir e buscar seu bem-estar onde quer que seja mais talentoso’. Não basta, argumentou ele, “a emigração, uma força centrífuga, pode tornar-se, quando bem dirigida, uma poderosa força centrípeta” capaz de “imenso lucro”. Uma tese que em 1901, dois anos após o linchamento de onze italianos em Tallulah, Louisiana, ele também havia expressado a Theodore Roosevelt: a imigração era um recurso extraordinário, um verdadeiro presente para um país em crescimento como os EUA. Nascido em Fino Mornasco em 1839 em uma família muito católica, ‘candidato ao sacerdócio’ desde muito jovem, freqüentou o seminário durante os anos do Risorgimento a ponto de deixá-lo com alguma dificuldade, como escreveu o historiador Matteo Sanfilippo, ao ‘equilibrar a pertença nacional e religiosa’, um padre de 24 anos com o “sonho de ir às Índias para evangelizar os infiéis” (copyright de Graziano Battistella em sua biografia Scalabrini, bispo fundador) mas retido pelo bispo de Como com a nomeação do professor e vice-reitor (mais tarde reitor), bispo de Piacenza aos 36 anos, ele conseguiu fazer-se amado como poucos outros com gestos que caíram na lenda. Resumido em 1980 por Raimondo Manzini, no ‘Osservatore Romano’, em algumas linhas: ‘Ele vendeu o pariglia (naquela época as pessoas iam com cavalos e não com cavalos motorizados) dizendo que o bispo podia muito bem ir a pé; ele alienou o cálice de ouro para substituí-lo por um feito de estanho ou latão, ele vendeu as pedras de sua cruz para resgatar os peões do Monte di Pietà aos pobres. Se isto continuar assim, ele morrerá na palha, disse-lhe um membro da família. Seria pouco prejudicial, respondeu o bispo, pois sobre a palha Cristo queria nascer”. É evidente que no mundo sofredor da emigração italiana, ele conseguiu tocar o coração de todos.
É claro que ele não foi a única figura de destaque entre nossos missionários no exterior. Basta recordar Francesca Cabrini de Lodi, incansável fundadora dos Missionários do Sagrado Coração de Jesus e canonizada em 1946 como a primeira santa americana, santa padroeira dos emigrantes. Ou a lendária Maria Rosa Segale, trazida para a América quando tinha quatro anos de idade, que ficou famosa como Irmã Blandina no extremo faroeste (os jornais da época lhe dedicaram retratos inesquecíveis) por ter parado um furioso Billy the Kid na entrada da cidade de Trinidad, Colorado, que estava determinado a fazer um massacre. Talvez ninguém, porém, com seu amigo Geremia Bonomelli, bispo de Cremona, tenha pesado tanto na história de nossa emigração. Começando com sua insistência na necessidade de que o Estado italiano, distraído se não indiferente (além da imposição do alistamento) se encarregue do problema. E da batalha de 1888 contra um projeto de lei que, citamos Manzini novamente, “sancionou a concessão aos chamados agentes de emigração para fazer inscrições, o que significava legalizar o flagelo dos chamados procuradores, que contratavam, cobrando-lhes taxas exorbitantes e expondo-os a condições miseráveis, situações proibitivas e toda uma série de perigos, aqueles trabalhadores agrícolas e industriais que procuravam pão além das fronteiras da pátria”. Pão que, escreveu o bispo de Piacenza, citando Dante, tinha gosto de sal e estava “molhado de lágrimas”. Ele o perdeu, Scalabrini, aquela batalha. Mas ele estava certo. E treze anos depois, o governo e o Parlamento foram obrigados a recuar, admitindo em seu relatório sobre uma nova lei: “Todos nós cometemos um erro em 1888 e não entendemos então que eram necessárias medidas em matéria econômica e social; não apenas ou principalmente em matéria policial: o que se deve buscar é a inviolabilidade da pessoa do emigrante, exposta a tantas ofensas, a tanto sofrimento; até agora e muitas vezes o emigrante tem sido o meio ou o instrumento para enriquecer aqueles que estiveram perto dele sob o pretexto de prestar-lhe um serviço”. Palavras que parecem ter sido escritas ontem de manhã contra os traficantes líbio, os proprietários não autorizados que agrupam os imigrantes em favelas de fetiches, os bandidos imundos do ‘caporalato’ que se aproveitam de homens e mulheres que, nas palavras de São João Batista Scalabrini, ‘atraídos (aqui embaixo) por esperanças vãs ou falsas promessas, encontraram uma horda de problemas, abandono, fome e, não raramente, morte, onde acreditavam encontrar o paraíso’.


Sarà santo il “Padre dei Migranti”. La canonizzazione di Giovanni Battista Scalabrini domenica 9 ottobre a Roma

Scalabrini, Vescovo di Piacenza dal 1876 al 1905, fondatore dei missionari e delle missionarie per i migranti, proclamato Santo domenica prossima, 9 ottobre, in Piazza San Pietro. La grande famiglia dei migranti, oltre duecento milioni di persone, ha per madre Santa Francesca Cabrini e per padre San Giovanni Battista Scalabrini. Con la celebrazione di domenica 9 ottobre in Piazza san Pietro che proclama Santo Gioba, come si firmava, Scalabrini, si forma una coppia di ferro che protegge e promuove figlie e figli che non godono di particolari simpatie. Perché giudizi e pregiudizi, rigurgiti e posizioni esecrabili nei confronti degli immigrati lievitano anche in ambienti poco sospetti. Allora questa santificazione è una benedizione dal cielo. Tutto inizia da uno sguardo attento e da una coscienza viva, come si capisce da un suo scritto del 1887: In Milano fui spettatore di una scena che mi lasciò nell’ animo un’ impressione di tristezza profonda. Di passaggio alla stazione vidi la vasta sala, i portici laterali e la piazza adiacente invasi da tre o quattro centinaia di individui poveramente vestiti, divisi in gruppi diversi. Erano vecchi curvati dall’ età e dalle fatiche, uomini nel fiore della virilità, donne che si traevano dietro o portavano in collo i loro bambini, fanciulli e giovanette tutti affratellati da un solo pensiero, tutti indirizzati ad una meta comune. Erano emigranti. Di fronte a uno stato di cose così lacrimevole, mi sento umiliato nella mia qualità di sacerdote e di italiano, e mi domano: come venir loro in aiuto? ». Era Vescovo di Piacenza, e subito la sua Diocesi divenne il mondo. Iniziò con una serie di conferenze nelle principali città italiane per sensibilizzare l’ opinione pubblica. In nave varcò l’ Oceano per incontrare le comunità italiane emigrate in Brasile e negli Stati Uniti. Mandò sacerdoti e catechisti nei porti d’ imbarco per proteggere gli emigranti dagli speculatori, assisterli lungo il viaggio, aiutarli dopo lo sbarco, costruire con loro nuovi paesi, che prendevano le denominazioni nostalgiche di Nova Bassano, Nova Venezia, Nuova Brescia Fu determinato a dare forma stabile all’ apostolato per i migranti, anche quando in molti cercavano di dissuaderlo dicendo che il fenomeno delle migrazioni si sarebbe esaurito in poco tempo, e che era inopportuno costituire una Congregazione di missionari e di missionarie. Scrisse di lui il suo amico Toniolo, capostipite degli studi sociali cattolici in Italia: “Ebbe l’ intuizione dei fatti avvenire”. Scalabrini andò addirittura oltre, con una visione profetica sulle migrazioni come via per un’ unica famiglia umana. Adesso che è Santo, i migranti possono alzare la testa. don Gianromano Gnesotto Direttore Pastorale dei Migranti – Diocesi di Padova Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati) – difesapopolo.it

POR- O “Pai dos Migrantes” será um santo A canonização de João Batista Scalabrini no domingo 9 de outubro em Roma

Scalabrini, bispo de Piacenza de 1876 a 1905, fundador dos missionários para migrantes, será proclamado santo no próximo domingo, 9 de outubro, na Praça de São Pedro. A grande família de migrantes, mais de duzentos milhões de pessoas, tem Santa Francisca Cabrini como mãe e São João Batista Scalabrini como pai. Com a celebração no domingo 9 de outubro na Praça São Pedro proclamando Santa Gioba, quando ele mesmo assinou Scalabrini, forma-se um par de ferro que protege e promove filhas e filhos que não gozam de simpatias particulares. Porque os julgamentos e preconceitos, regurgitações e atitudes execráveis em relação aos imigrantes estão aumentando mesmo em círculos insuspeitos. Portanto, esta santificação é uma bênção do céu. Tudo começa com um olhar atento e uma consciência viva, como entendemos por um de seus escritos de 1887: em Milão, eu era espectador de uma cena que deixou uma profunda impressão triste em minha alma. Ao passar pela estação vi o vasto salão, os pórticos laterais e a praça adjacente invadidos por três ou quatrocentos indivíduos mal vestidos, divididos em diferentes grupos. Eram homens velhos dobrados pela idade e pelo cansaço, homens no auge da masculinidade, mulheres carregando a si mesmas ou seus filhos no pescoço, homens e mulheres jovens, todos unidos por um único pensamento, todos voltados para um objetivo comum. Eles eram emigrantes. Diante de uma situação tão chorosa, sinto-me humilhado em minha condição de sacerdote e como italiano, e me pergunto: como posso ajudá-los? “. Ele era bispo de Piacenza, e imediatamente sua diocese se tornou o mundo. Ele começou com uma série de conferências nas principais cidades italianas para aumentar a conscientização do público. De navio, ele cruzou o oceano para encontrar as comunidades italianas que haviam emigrado para o Brasil e os Estados Unidos. Ele enviou padres e catequistas aos portos de embarque para proteger os emigrantes dos especuladores, para ajudá-los durante a viagem, para ajudá-los após o desembarque, para construir novos países com eles, o que levou os nomes nostálgicos de Nova Bassano, Nova Venezia, Nuova Brescia. Ele estava determinado a dar uma forma estável ao apostolado dos emigrantes, mesmo quando muitos tentaram dissuadi-lo dizendo que o fenômeno da migração logo acabaria, e que era inapropriado estabelecer uma Congregação de missionários e missionárias. Seu amigo Toniolo, progenitor dos estudos sociais católicos na Itália, escreveu sobre ele: “Ele tinha a intuição dos fatos que estavam por vir”. Scalabrini foi ainda mais longe, com uma visão profética da migração como o caminho para uma única família humana. Agora que ele é um santo, os migrantes podem levantar a cabeça. don Gianromano Gnesotto Diretor Pastorale dei Migranti – Diocesi di Padova Copyright Difesa del popolo (Todos os direitos reservados) – difesapopolo.it

ESP- El “Padre de los Migrantes” será un santo La canonización de Giovanni Battista Scalabrini el domingo 9 de octubre en Roma

Scalabrini, obispo de Piacenza de 1876 a 1905, fundador de los misioneros para emigrantes, será proclamado santo el próximo domingo, 9 de octubre, en la plaza de San Pedro. La gran familia de los emigrantes, más de doscientos millones de personas, tiene como madre a Santa Francesca Cabrini y como padre a San Juan Bautista Scalabrini. Con la celebración del domingo 9 de octubre en la Plaza de San Pedro que proclama a San Gioba, como él mismo firmaba, Scalabrini, se forma un par de hierro que protege y promueve a las hijas e hijos que no gozan de simpatías particulares. Porque los juicios y prejuicios, las regurgitaciones y las actitudes execrables hacia los inmigrantes están aumentando incluso en círculos desprevenidos. Así que esta santificación es una bendición del cielo. Todo comienza con una mirada atenta y una conciencia viva, como se desprende de uno de sus escritos de 1887: En Milán fui espectador de una escena que dejó una profunda y triste impresión en mi alma. Al pasar por la estación vi el vasto vestíbulo, los pórticos laterales y la plaza adyacente invadidos por trescientos o cuatrocientos individuos mal vestidos, divididos en diferentes grupos. Eran ancianos encorvados por la edad y la fatiga, hombres en la flor de la edad, mujeres que se llevaban a sí mismas o a sus hijos al cuello, hombres y mujeres jóvenes, todos unidos por un mismo pensamiento, todos dirigidos hacia un objetivo común. Eran emigrantes. Ante esta lacrimógena situación, me siento humillado en mi calidad de sacerdote y de italiano, y me pregunto: ¿cómo puedo acudir en su ayuda? “. Fue obispo de Piacenza, e inmediatamente su diócesis se convirtió en el mundo. Comenzó con una serie de conferencias en las principales ciudades italianas para concienciar a la población. En barco, cruzó el océano para encontrarse con las comunidades italianas que habían emigrado a Brasil y Estados Unidos. Envió sacerdotes y catequistas a los puertos de embarque para proteger a los emigrantes de los especuladores, para asistirlos a lo largo de la travesía, para ayudarlos después de desembarcar, para construir con ellos nuevos países, que tomaron los nostálgicos nombres de Nova Bassano, Nova Venezia, Nuova Brescia… Estaba decidido a dar una forma estable al apostolado en favor de los emigrantes, incluso cuando muchos trataron de disuadirlo diciendo que el fenómeno de la emigración terminaría pronto, y que era inoportuno establecer una Congregación de misioneros y misionados. Su amigo Toniolo, progenitor de los estudios sociales católicos en Italia, escribió de él: “Tenía la intuición de los hechos que se avecinaban”. Scalabrini fue aún más lejos, con una visión profética de la migración como camino hacia una única familia humana. Ahora que es santo, los migrantes pueden levantar la cabeza. don Gianromano Gnesotto Director Pastorale dei Migranti – Diocesi di Padova Copyright Difesa del popolo (Todos los derechos reservados) – difesapopolo.it

ENG – The “Father of Migrants” will be a saint. Giovanni Battista Scalabrini’s canonization on Sunday, Oct. 9, in Rome

Scalabrini, Bishop of Piacenza from 1876 to 1905, founder of missionaries and missionaries for migrants, proclaimed a saint next Sunday, Oct. 9, in St. Peter’s Square. The great family of migrants, more than two hundred million people, has St. Frances Cabrini for mother and St. John Baptist Scalabrini for father. With the celebration on Sunday, Oct. 9, in St. Peter’s Square proclaiming Saint Gioba, as he signed himself, Scalabrini, an iron pair is formed that protects and promotes daughters and sons who do not enjoy particular sympathies. Because judgments and prejudices, regurgitations and execrable positions toward immigrants leaven even in unsuspecting circles. Then this sanctification is a blessing from heaven. It all begins with a careful look and a living conscience, as is clear from one of his writings of 1887: In Milan I was a spectator of a scene that left in my soul an impression of deep sadness. Passing through the station I saw the vast hall, the side porticos and the adjacent square invaded by three or four hundred poorly dressed individuals, divided into different groups. They were old men bent by age and fatigue, men in the prime of manhood, women trailing behind or carrying their children on their necks, boys and young girls all brought together by a single thought, all directed toward a common goal. They were emigrants. Faced with such a tearful state of affairs, I feel humbled in my capacity as a priest and an Italian, and I wonder: how to come to their aid? “. He was Bishop of Piacenza, and immediately his diocese became the world. He began with a series of conferences in major Italian cities to raise awareness of ‘public opinion. By ship he crossed the ‘Ocean to meet with Italian communities who had emigrated to Brazil and the United States. He sent priests and catechists to the ports of embarkation to protect the emigrants from speculators, assist them along the voyage, help them after disembarkation, and build new countries with them, which took the nostalgic names of Nova Bassano, Nova Venezia, Nuova Brescia He was determined to give stable form to the apostolate for migrants, even when many tried to dissuade him by saying that the phenomenon of migration would be exhausted in a short time, and that it was inappropriate to establish a Congregation of missionaries and missionaries. His friend Toniolo, the progenitor of Catholic social studies in Italy, wrote of him, “He had the ‘intuition of the facts to come.'” Scalabrini went even further, with a prophetic vision of migrations as the way to a ‘one human family. Now that he is a saint, migrants can raise their heads. don Gianromano Gnesotto Director Pastoral Care of Migrants – Diocese of Padua Copyright Difesa del popolo (All rights reserved) – difesapopolo.it


La grande famiglia dei migranti, oltre duecento milioni di persone, ha per madre santa Francesca Cabrini e per padre san Giovanni Battista Scalabrini (1839-1905, fondatore dei Missionari e delle Suore di san Carlo Borromeo). Con la celebrazione del 9 ottobre in piazza San Pietro che proclama santo “Gioba”, come si firmava, Scalabrini, si forma una coppia di ferro che protegge e promuove figlie e figli che non godono di particolari simpatie. Perché giudizi e pregiudizi, rigurgiti e posizioni esecrabili nei confronti degli immigrati lievitano anche in ambienti poco sospetti. Allora questa santificazione è una benedizione dal cielo. (G. G.) – difesapopolo.it

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *