Un Master online in Global Health, Salute Globale, unico in Italia e tra i pochissimi nel mondo.
Un piccolo gioiello italiano all’Università di Milano (UniMi) organizzato dal MACH, Centre for Multidisciplinary Research in Health Science che, ormai al quarto anno e con 50 studenti d i tante nazionalità già avviati nel mondo del lavoro, riapre le iscrizioni con scadenza il 2 Ottobre. Il corso di II livello, in inglese, dura un anno e prevede rotazione in paesi come Guatemala, eSwatini, Pakistan e Tanzania in collaborazione con alcune ONG che lavorano “all’ultimo miglio”, siano queste le favelas di Ciudad de Guatemala o alla fine della strada nella missione di St Philip’s in eSwatini dove sta progredendo uno studio per lo screening sull’HPV, il papilloma virus all’origine del cancro della cervice uterina, nell’area rurale del Paese.

La Salute Globale – come viene definita nella brochure del master – è «la conseguenza di una complessa serie di interazioni tra demografia, ambiente socio-economico e fattori culturali». Questo in linea con i principi della cross-settorialità e multi-disciplinarietà “predicate” dagli SDGs, gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 2030 lanciati dall’ONU. Una formazione in Salute Globale per tutti è – come appare anche ai più scettici – un elemento essenziale al fine di comprendere non solo in termini di epidemiologia o di evoluzione della ricerca, le grandi sfide che ci attendono nei prossimi anni quali I cambiamenti climatici e nuove pandemie. L’interazione tra i Paesi, la situazione climatica che ci accomuna tutti, l’interscambio commerciale e culturale, l’immigrazione ed emigrazione, la non-contenibilità con muri o confini degli elementi patogeni, la complessa e totale interazione tra determinanti sociali e stato della salute, ci mostrano quanto sia essenziale l’approccio multidisciplinare alle questioni sanitarie. Non si tratta solo dei 17 SDGs (obiettivi di sviluppo sostenibile) fissati per il 2030 dall’ONU – dove povertà, fame, ambiente, acqua, mare, agricoltura, mobilità, sostenibilità, istruzione, salute, uguaglianza di genere, inquinamento, disuguaglianze, economia sono irrimediabilmente intrecciati – ma di una visione del futuro che ci vede tutti coinvolti e spinge a partnership pubblico/private e dialogo, solidarietà e aiuto tra i popoli.

Il master
La struttura del master è composta da 18 moduli con webinar ed esercizi interattivi, lezioni pre-registrate sulle macro aree che spaziano dalla Cooperazione Internazionale alla Comunicazione, dalla Sorveglianza e Sviluppo Sostenibile, dalla Microbiologia ed Epidemiologia all’Ecosistema umano-animale, all’Agronomia fino alla Digital Health. Sono previste brevi internship in collaborazione con il Collaborating Centre on Training in Infectious Disease Management dell’OMS per apprendere l’approccio alle missioni nei Paesi e con il San Raffaele di Milano per familiarizzare con le più moderne tecnologie di laboratorio.Il costo del master è di 6500 euro (il più basso al mondo) e sono previste borse di studio in base al merito. Gli insegnanti – tutti di grande esperienza – provengono da istituzioni italiane e internazionali. I prestigiosi coordinatori sono Andrea Gori, direttore di Malattie infettive presso il Policlinico di Milano, e Mario Raviglione ora co-direttore di MACH e fino al 2017 a Ginevra all’OMS, direttore del programma Global Tuberculosis (TB). È Raviglione che ha guidato lo sviluppo dell’attuale strategia End TB nel contesto degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs).

Le ONG coinvolte
Vi è – come appena scritto – un mese di internship, previsto in estate, in quattro realtà di Organizzazioni non Governative in Paesi a bassa o medio reddito. Si tratta della Fondazione Ivo de Carneri (a Pemba, Tanzania), le Suore Missionarie del Sacro Cuore di Gesù che sono presenti in eSwatini con la loro ONG Cabrini Ministries, e in due siti del Guatemala, uno urbano nella capitale nell’area povera delle favelas e uno semirurale che serve anche le comunità Maya; poi la Dopasi Foundation in Pakistan. Molto interessante il progetto avviato da MACH in eSwatini sull’implementazione di «una strategia di screening con metodi applicabili in aree povere, dove le risorse economiche e umane accanto a particolari condizioni culturali e sociali, non facilitano le attività di prevenzione secondaria disponibile nei Paesi ad alto reddito che si basano sul prelievo citologico per l’esecuzione del Pap-test (che rileva eventuali lesioni cervicali causate dall’HPV) o dell’HPV test (metodo di biologia molecolare che individua la presenza del virus)».
«Nel laboratorio della St. Philip’s Clinic – ha raccontato Elisabetta Tanzi, coordinatrice scientifica del Centro di Ricerca EPISOMI (Epidemiologia e Sorveglianza Molecolare delle Infezioni), co-promotore del progetto – riusciamo ora a eseguire test molecolari per la ricerca di HPV DNA utilizzando un campione di urina fresca o addirittura essiccata su carta da filtro (DUS, Dried Urine Spot, di più facile conservazione e trasporto ed eventuale invio tramite posta), che viene processato sulla piattaforma automatizzata GeneXpert e che permette di individuare il genoma del virus in circa un’ora».

Nelle news dell’Università di Milano viene raccontato il progetto nei dettagli e Mario Raviglione, il coordinatore del Master sulla Salute Globale – aggiunge «si prevede anche uno studio epidemiologico-molecolare sui genotipi virali prevalenti in eSwatini, uno studio di costo-efficacia dell’intervento e uno studio socio-antropologico sull’accettabilità del test urinario al posto di quello con prelievo citologico. Questi sono tutti elementi che permetteranno di esplorare future opzioni di politiche sanitarie nazionali e internazionali nei confronti del cancro della cervice uterina, in linea con ciò che raccomanda l’Organizzazione Mondiale della Sanità e con l’obiettivo di motivare i governi di Paesi gravemente colpiti da questa malattia all’adozione di metodi moderni di prevenzione, comprese le campagne vaccinali per ora non accessibili nella maggioranza delle aree ad alta incidenza, salvando così milioni di vite umane».

Identikit degli studenti
Ma chi sono gli studenti interessati ai corsi di Salute Globale? Secondo un primo identikit il 70% degli iscritti ai precedenti tre anni di master è donna, il 20% non è italiano, con provenienze assai varie (Pakistan, Germania, Albania, Costa d’Avorio, Iran, Burundi, Colombia, Sudafrica). Più della metà sono medici ma ci sono anche specializzati in cooperazione internazionale e relazioni internazionali, sociologi, laureati in legge e filosofia, farmacisti e farmacologi, biologi (biotecnologie), veterinari. Tra i medici gran parte sono infettivologi, igienisti e generalisti, psichiatri.

Qui i link dove avere maggiori informazioni:
Fondazione Ivo de Carneri: https://www.fondazionedecarneri.it/ (Tanzania)
Public Health Laboratory Ivo de Carneri: http://phlidc.org/
Dopasi Foundation https://www.dopasi.org/ (Pakistan)
Cabrini Ministries (Missionary Sisters of the Sacred Heart of Jesus – MSC): https://it.cabriniworld.org/what-we-do/missionary-work/eswatini-swaziland/ (eSwatini)
Cabrini Guatemala (Missionary Sisters of the Sacred Heart of Jesus – MSC): https://cabriniguatemala.org/ (Guatemala)

Source: https://apiccoledosi.blogautore.repubblica.it/2023/07/30/un-master-in-salute-globale/

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