Capo di questa congregazione è la Madre Francesca Cabrini, donna con grandi occhi e un sorriso attraente. Non sa l’inglese, ma è donna di proposito.
Francesca e le sue suore erano sbarcate a New York appena tre mesi prima, viaggiando con altri 1.500 migranti in terza classe. Al loro arrivo non c’era nessuno ad attenderle e dovettero arrangiarsi alla bell’e meglio, dormendo quella notte in due logore stanzette di un albergo infimo di Little Italy: furono innanzitutto migranti fra i migranti, nella posizione bassa di chi chiede ospitalità prima di offrirla.
Vediamo che il giornale newyorkese non risparmia a Francesca e alle sue suore l’attribuzione della “carnagione scura”, uno degli stereotipi negativi con cui venivano etichettati tutti gli italiani emigrati negli Stati Uniti e che diventava sinonimo di “schiavi bianchi”, materiale umano a basso costo da spremere al massimo e poi abbandonare al loro misero destino. Viene subito poi messo in evidenza che “non sa l’inglese”: anche allora le difficoltà linguistiche erano uno stigma che facilmente favoriva lo sfruttamento da parte di persone prive di scrupoli. Il giornale descrive poi gli ambienti di vita degli italiani a New York come luoghi sordidi e malavitosi, dove neppure la polizia osava avventurarsi facilmente.
In questo concentrato di stereotipi, la figura di Francesca Cabrini viene tratteggiata però anche con accenti lusinghieri, segno che, dopo soli tre mesi, questa grande donna aveva già lasciato un’impronta in un ambiente non certo benevolo nei suoi confronti.
La vita pessima degli italiani emigrati in America si evince con lucidità anche dal messaggio che un colono veneto aveva affidato a un parlamentare italiano nel 1879: “Siamo qui come bestie, viviamo e moriamo senza preti, senza maestri, senza medici“. Questo odore acre della mancanza di dignità mescolato con quello della miseria impregnò subito gli abiti e le narici di Francesca Cabrini, che lo respirò a lungo senza però rassegnarsi o assuefarsi, ma cercando vie impensabili per estirparlo soprattutto dalla vita dei migranti italiani. E partì proprio dalle tre necessità che abbiamo visto individuare sopra: radunò i bambini per il catechismo, organizzò per loro scuole e nel 1892 riuscì a fondare a New York il primo dei suoi famosi Columbus Hospital per gli italiani.
Non si fermò “solo” a questo, ma attraversò l’Atlantico quasi trenta volte per raccogliere fondi e cercò contatti per ogni dove in America per avere quel sostegno materiale senza cui nessuna iniziativa avrebbe potuto avanzare. Attraversò anche a dorso di mulo le Ande – lei cagionevole di salute – per offrire sostegno ad altre popolazioni. Ciò che la muoveva era l’amore per ogni essere umano, un amore della stessa qualità di quello di Gesù: non a caso l’ordine di suore da lei fondato nel 1880 si chiamava “Missionarie del Sacro Cuore di Gesù”. La animava infatti un fortissimo anelito missionario, che la portava a voler andare oltre l’orizzonte di ciò che le era noto e a misurarsi con sfide apparentemente insormontabili. Aveva però allenato il suo cuore a battere allo stesso ritmo di quello di Gesù e da questa sintonia riusciva a scorgere la presenza di Cristo in ogni donna e in ogni uomo che incontrava. Le porte del suo cuore erano spalancate da una parte su Gesù Cristo e dall’altra sul mondo: le correnti che entravano da queste due aperture si davano convegno nella tenda della sua mente e del suo cuore e da questi incontri burrascosi e fecondi scaturivano possibilità impensate per affrontare la difficoltà delle situazioni. Sfregava Dio e il mondo l’uno con l’altro per farne uscire scintille di vita e di bene.
Scriveva Santa Francesca Cabrini nel 1908: “Se il cammino della vita è per pochi cosparso di rose, esso è ben più seminato di spine per il povero, e l’emigrato in massima parte è povero. Se per ogni povero è difficile la vita, doppiamente lo è per l’emigrato in paese straniero“. Sono fotogrammi della vita dei migranti di sempre, e purtroppo, tristemente, anche dei nostri giorni. Le parole di questa grande donna, santa lodigiana e patrona dei migranti, ci aiutino a trovare percorsi rinnovati di umanità. (sezione Esteri – Il Cittadino di Lodi)

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